un documentario del Teatro dell’Argine
soggetto a cura di Giacomo Armaroli, Micaela Casalboni, Mattia De Luca, Paolo Fronticelli
coordinamento artistico Micaela Casalboni
laboratorio e regia teatrale Giacomo Armaroli, Nicola Bruschi, Mattia De Luca, Paolo Fronticelli
regia montaggio e sceneggiatura Marco Bifulco
interviste a cura di Marco Bifulco, Micaela Casalboni, Paolo Fronticelli
con i partecipanti al laboratorio teatrale presso la Casa Circondariale di Bologna Rocco D’Amato edizione 2019-20 e 2020-21
con le voci di Paolo Grassi, Luciano Martucci, Andrea Rossi
con Luigi Capretto, Davide Cifariello, Francesco Gemignani, Pietro Piazza, Fabrizio Vincenzo Pomes, Mattia Procacci, Daverio Ruffilli, Tommaso Russo, Carmelo Sanfilippo, Mozan Shezad, Salvatore Verriglio, Athos Vitali
con la partecipazione di Giorgio Righetti – Acri, Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa, Maura Pozzati – Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Claudia Clementi e Massimo Ziccone – Casa Circondariale di Bologna Rocco D’Amato, Cinzia De Felice e Armando Punzo – Carte Blanche / Compagnia della Fortezza, Volterra, Daniela Mangiacavallo – Associazione Baccanica, Palermo, Renato Bandoli ed Enrico Casale – Associazione Gli Scarti, Sarzana, Alessandro Mascia e Pierpaolo Piludu – Cada Die Teatro, Cagliari, Flavio D’Andrea e Alessia Gennari – ForMattArt, Vigevano, Ivana Trettel – Opera Liquida, Milano, Franco Carapelle e Claudio Montagna – Teatro e Società, Torino, Serena Andreani, Sandro Baldacci, Fabrizio Gambineri e Carlo Imparato – Teatro Necessario, Genova, Vittoria Chiacchella – Teatro Stabile dell’Umbria, Perugia, Grazia Isoardi e Marco Mucaria – Voci Erranti, Savigliano
installazioni da Il cavaliere di legno Nicola Bruschi
luci Marco Bifulco, Nicola Bruschi, Francesco Massari
organizzazione Martina Antonelli, Jessica Bruni
amministrazione Sonia Scanu
Dell’anno e mezzo di stop dovuto alla pandemia restano l’assenza e la volontà di raccontarla con immagini, parole, ricordi. Questo documentario rappresenta il tentativo di colmare quell’assenza, quella distanza, mostrando cosa ha voluto dire non solo per noi, ma per tutte quelle realtà, quei partner, quegli amici e quelle amiche che, grazie a Per Aspera ad Astra, svolgono la propria attività teatrale in tante carceri italiane. Un racconto corale che parla di quello che è stato e non è stato, di quello che è diventato il teatro in carcere al tempo della pandemia. E che sia di buon augurio per il futuro: “attraverso le asperità sino alle stelle”!